Giovani, a lavoro vince la fiducia in ufficio

Cosa si aspettano i giovani dal mondo del lavoro e dalle aziende? Fiducia, possibilità di crescita e meritocrazia. A dare voce alle aspettative delle nuove generazioni è l’ultima ricerca, promossa da Humangest, agenzia per il Lavoro di SGB Humangest. L’indagine realizzata con il contributo tecnico del Cirsis (Centro Interdipartimentale di Ricerca sui Sistemi di Istruzione Superiore) dell’Università di Pavia ha raccolto le percezioni e sensibilità di mille tra giovani laureandi e laureati.
Competenze tecniche e soft
È emersa così la dicotomia fra soft e hard skills. Si legge nella nota relativa al report: «Nei focus group è apparso fin da subito molto chiaro che sia i laureandi, sia i laureati sono del tutto convinti che siano soprattutto le prime a connotare la tua capacità effettiva di posizionarti efficacemente nel contesto occupazionale. Lo slogan che meglio definisce questa dimensione interpretativa è “Cresciamo solo se scopriamo noi stessi”». Non a caso, sia i laureati sia i laureandi parlano di sviluppo del proprio potenziale e di passione per il proprio lavoro. I primi, in particolare, puntano più decisamente a trovare contesti per esprimere al meglio il proprio potenziale (il 15% lo ritiene molto importante e il 31,1% abbastanza, contro l’11,8 e il 27,3% dei laureandi). I secondi sono invece più orientati a ritrovare il connotato della passione nel proprio lavoro ideale (15% di molto importante contro il 9,9% dei laureati). Poco significativi per entrambi la possibilità che l’azienda offra formazione (pochissimi quelli che la ritengono molto importante 4,2% fra i laureandi e solo 2,6% fra i laureati) o la possibilità di investire in formazione personale tecnica. «Contrariamente a quanto mostrato dalla maggior parte delle ricerche fino al decennio addietro, la coerenza con la propria traiettoria di studi è considerata poco rilevante in generale (laureati 4,5% e laureandi 6,7% di molto importante, 22,1 e 19,7 di abbastanza)», spiegano i ricercatori. Per quest’ultimo fattore, i laureati e laureandi nelle discipline Stem risultano leggermente più attenti alla coerenza (rispettivamente, 5,4% di “molto importante” contro 3,8% per i laureati e 7,6 contro 5,9 per i laureandi).
La retribuzione
La retribuzione è poi un fattore decisivo. La giudica molto importante il 33,9% dei laureati e abbastanza importante il 37,3% abbastanza. Per i laureandi le rispettive percentuali sono del 30% e 37,3%. Stabili le stime sulla scarsa importanza del tipo di contratto posseduto o da ricercare (5,2% laureandi e un pochino di più il 10,5% laureati) e della stabilità dell’azienda/organizzazione con cui si lavora (6,5% per laureati e 4,2% per laureandi).
Non per forza dipendenti
Dalla ricerca emerge poi una curiosità verso il mondo autonomo: oltre il 40% dei laureandi non saprebbe esprimere una scelta tra lavoro dipendente e da libero professionista. Uno su cinque poi dichiara di vedersi veda meglio come libero professionista. «Si tratta — si legge — di una rivoluzione epocale rispetto al paradigma del lavoro stabile e fisso descritto come l’aspettativa prevalente degli inizi degli anni 2000. Tra i laureati 1 su 7 (16,8%) vorrebbe diventare autonomo partendo da una condizione di dipendenza. E, fra coloro che sono attualmente autonomi, la maggioranza preferirebbe rimanere in questa condizione professionale (64,1%)».
Fiducia e relazioni
Fondamentale poi il fattore fiducia che deve dominare il contesto lavorativo. Fiducia che passa attraverso il giusto riconoscimento in termini di merito e di retribuzione, ma anche attraverso un clima relazionale sano ed equilibrato. Proprio la tossicità delle relazioni spinge i giovani ad abbandonare un posto di lavoro. «Secondo i nostri intervistati non si può vivere in un ambiente in cui il clima non sia sano e costruttivo, ma anche accogliente e stimolante», aggiungono. L’importanza del clima relazionale. Sia i laureati sia i laureandi considerano in grandissima maggioranza come molto importante (rispettivamente 27,2% e 28,2%) o abbastanza importante (39,9% e 42,1%). Nel complesso il 70% circa degli intervistati sceglie come importanti queste dimensioni.
Fonte: Il Corriere della Sera, articolo a firma di Diana Cavalcoli